PREMESSA
L’implantologia dentale è il complesso di tecniche chirurgiche finalizzate alla riabilitazione funzionale di pazienti affetti da “edentulia” ( mancanza totale o parziale di denti) tramite “impianti dentali” inseriti chirurgicamente nell’osso mandibolare o mascellare (o anche sopra di esso, ma sub-gengivale) atti a consentire connessione di protesi, fisse o mobili, per il ripristino della funzione masticatoria.
In pratica: “denti artificiali”, inseriti in un alveolo per sostituire quelli perduti, antico sogno dell’umanità (esistono reperti archeologici di inserzioni di pezzi di conchiglia lavorata o osso) concretamente realizzato già nella prima metà del secolo scorso e proseguiti fino ad oggi, con brevetti vari (Adams, Branemark, Formiggini, quest’ultimo considerato il Fondatore della moderna implantologia, Tramonte, Pasqualini, Mondani, Lorenzon).
La disponibilità di antibiotici è risultata fondamentale per la buona riuscita degli interventi implantologici, ma un fattore sino ad oggi limitante è stato reppresentato dalla possibile inadeguatezza del tessuto osseo ad ospitare impianti e dalla possibile insorgenza di complicazioni successive all’impianto: “perimplantite” che, se non trattata precocemente, provoca perdita di osso con conseguente ricaduta sull’impianto stesso.
OBIETTIVO-RIGENERAZIONE OSSEA
Dalle problematiche sopra esposte nacque una continua ricerca finalizzata:
- Nel 1964 Bassett, Pawluk e Becker pubblicarono un testo sulla stimolazione ossea usando correnti elettriche. Dopo alcune settimane di trattamento si creava una massiccia formazione di callo osseo in corrispondenza del morsetto negativo ed una leggera necrosi vicino a quello positivo.
- Friedenburg in seguito modificò il metodo di Bassett usando una sorgente di corrente a FET. Anche in questo caso i risultati mostravano una crescita ossea intorno al morsetto negativo ed inoltre si osservava una necrosi a quello positivo.
Questi esperimenti diedero il via ad una serie di lavori in cui si andavano variando i parametri elettrici delle correnti (continue e variabili), come la densità di corrente, l’energia, la forma e la frequenza degli impulsi. Come metodo venivano inseriti elettrodi di acciaio inossidabile direttamente all’interno della separazione, in altri tentativi erano elettrodi formati da una griglia di alluminio in altri ancora degli elettrodi di platino-iridio, collegati ad una serie di batterie da 1.4 V Vennero usate griglie di acciaio inserite nella zona di separazione, attraverso la pelle in anestesia locale, in alcuni casi le viti di unione stesse vennero usate come elettrodi vennero montati dei piatti di ottone e fornita energia da una batteria posta in uno zainetto sulla schiena in altri casi le ossa furono incassate in dei tubi di plexiglass di 0.8 cm di diametro e 1.5 cm di lunghezza.
Dentro questi tubi vi erano degli elettrodi di rame, isolati dalla gamba mediante un batuffolo di cotone. I dispositivi potevano usare batterie da 7.5 V che, assieme ad un generatore di corrente a FET che erogava 10 mA, un punto degno di nota è che come gli studi non hanno fornito chiare indicazioni su quali quantità elettriche sono principalmente responsabili della crescita stimolata delle ossa, potrebbero essere coinvolte sia densità di corrente sia gradiente di tensione, alcuni hanno avuto successo erogando oltre 0.61 J di energia elettrica, mentre qualche insuccesso ha ricevuto meno di 0.56 J di energia.
La conclusione è che ci potrebbe essere semplicemente una soglia di energia necessaria al di sotto della quale non si osserva stimolazione, e il mezzo con il quale l’energia è iniettata è probabilmente di importanza secondaria.
LA STRATEGIA “QUANTICA”
Chiaramente, un approccio completamente non invasivo avrebbe rimarchevoli vantaggi in termini di sicurezza del paziente e convenienza: così dai nostri laboratori (Quantica R&D e Ied bioe Italia) nasce un prototipo auto-costruito realizzato mediante l’uso di campi frequenziali tempo-variabili applicati dall’esterno, in modo che le attività degli osteoblasti possono essere stimolate nelle vicinanze dell’elettrodo in modo da produrre un effetto di riorganizzazione del tessuto piuttosto che di stimolazione degli osteoblasti.
I risultati ottenuti confermano il concetto che le caratteristiche di un impulso hanno qualità ‘organizzazionali’ piuttosto che ‘stimolatrici’”.
Ovviamente l’utilizzo di questa tecnica non pregiudica possibili successivi interventi chirurgici. Esperimenti condotti ricercatori dell’SBQ (Società Internazionale di Semeiotica Biofisica Quantistica) nel 2011 mostrano risultati molto interessanti: sostanze chimiche di natura organica e non organica, nonché molecole biologiche e composti organici complessi emettono, rispettivamente, singole frequenze elettromagnetiche o uno spettro di frequenze che corrisponde a quelle delle sostanze contenute.
In termini generici possiamo dire che qualsiasi oggetto biologico ha una propria vibrazione specifica, dipendente dalle vibrazioni interne tra le molecole di idrogeno e quelle di ossigeno.
Oramai da anni noi della Quantica R&D lavoriamo sul principio della risonanza energetica e sulla tecnica idrofrequenziale. Sottoponendo al test di risonanza frequenziale abbiamo visto che gli oggetti biologici rispondono a frequenze , riarmonizzano la materia alterata che ne assorbe le frequenze.
Qualsiasi cellula dalla più semplice alla più complessa si forma all’origine per il contributo e la differenziazione dei tre foglietti embrionali (ectoderma, mesoderma, endoderma) che sono tre come le tre energie fondamentali (elettrica, polarizzata e magnetica): questo collega la biologia alla fisica.
Secondo gli studi di Paul Nogier, (fondatore, negli anni ‘50 dell’Auricoloterapia) le frequenze di base di risonanza dei tessuti biologici sono sette:
- Frequenza A: energia di tipo elettrico, frequenza di base dei tessuti, corrisponde alla cellula, alle mucose, alla pelle.
- Frequenza B: energia di tipo magnetico, regola le funzioni respiratorie, digestive ed endocrine tranne quelle surrenaliche.
- Frequenza C: nergia di tipo magnetico-polarizzata, regola le funzioni circolatorie, muscolari ed ossee, il sistema renale e genitale.
- Frequenza D: energia conduttrice di tutte le altre energie, regola l’equilibrio delle simmetrie, cioè il bilanciamento tra i due emisferi.
- Frequenza E: energia di tipo magnetico-polarizzata, regola le funzioni dell’apparato neurologico e neurovegetativo.
- Frequenza F: energia di tipo magnetico, regola i centri della sottocorteccia cerebrale che comandano le funzioni della frequenza E, è correlata alla sensazione di sentirsi a proprio agio o a disagio.
- Frequenza G: energia di tipo elettrico, corrisponde alla coscienza, è influenzata da tutte le altre frequenze ma a sua volta è in grado di influenzarle.
A nostro parere se i tessuti biologici ed i loro componenti possono ricevere, trasdurre e trasmettere segnali elettrici, acustici, magnetici, vibrazioni meccaniche e termiche allora, su questa base, si possono spiegare fenomeni quali:
- Reazioni biologiche al campo elettromagnetico atmosferico e disturbi ionici dovute a macchie solari, tuoni tempeste e terremoti.
- Reazioni biologiche ai campi geomagnetici ed ai campi di Schumann.
- Risposte biologiche a macchine che producono elettricità, magnetismo, fotoni e vibrazioni acustiche (generatori di frequenza).
- Alcuni dispositivi medici che rilevano, analizzano e modificano i campi elettromagnetici biologici (il biocampo).
- Tecniche come l’agopuntura, la moxibustione, e laser (fotonica) e l’agopuntura possono avere effetti curativi.
- Il massaggio dei tessuti profondi, la terapia fisica o la chiropratica possono promuovere la guarigione.
- Terapia neurale.
- Elettrodermica di screening.
IMPORTANZA BIOLOGICA DI DEBOLI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Per comprendere come i CEM deboli possano avere effetti biologici è importante comprendere alcuni concetti:
- Molti scienziati credono ancora che i campi elettromagnetici deboli hanno poco o nessun effetto biologico. Come tutte le credenze questa è una questione ancora aperta e si basa su alcuni presupposti scientifici. Queste ipotesi sono basate sul paradigma termico e sul paradigma della ionizzazione.
- I campi elettrici devono essere misurati non solo come forti o deboli, ma anche come vettori o portatori di informazioni. Poiché i campi elettrici convenzionalmente definiti come fortemente termici possono essere a basso contenuto di informazioni biologiche mentre i campi elettrici convenzionalmente considerati termicamente deboli o non ionizzanti possono essere ad alto contenuto di informazioni biologiche, se esiste un sistema di ricezione nei tessuti biologici.
- I campi elettromagnetici deboli sono: bioenergetici, bioinformazionali, non ionizzanti e non termici nonché misurabili ed esercitano effetti biologici. I campi elettromagnetici deboli hanno effetto sugli organismi biologici, tessuti e cellule, che sono altamente dipendenti da specifiche frequenze e la curva dose- risposta non è lineare. poiché l’effetto dei campi elettromagnetici deboli non è lineare, i campi di giusta frequenza ed ampiezza possono produrre effetti di grandi dimensioni, che comunque possono essere benefici o dannosi.
- I tessuti biologici hanno componenti elettronici in grado di ricevere, trasdurr e trasmettere i deboli segnali elettronici che sono in realtà al di sotto del rumore termico.
- Gli organismi biologici possono utilizzare i campi elettromagnetici deboli (elettrici e fotonici) per comunicare con tutte le loro parti.
- Un campo elettrico può trasportare informazioni attraverso le fluttuazioni di frequenza e ampiezza (modulazione di una portante)
- Gli organismi sani biologicamente hanno biocampi coerenti mentre gli organismi insalubri hanno interruzioni di campo e segnali non integrati.
- Misure correttive per correggere le interruzioni di campo e migliorare l’integrazione di campo sono, ad esempio, l’agopuntura, la terapia neurale.
Con la tecnologia SMT e la Quantica R&D nasce la terapia riparativa funzionale volta a promuovere la salute: di seguito un esempio in campo odontologico.
EFFETTI DEL RICONDIZIONAMENTO CELLULARE FREQUENZIALE S.M.T. (SUPRA MOLECULAR IN IMPLANTOLOGIA DENTALE: CASE REPORT
A cura di Valter Giraudi, Medico chirurgo, Odontoiatra)
La Perimplantite è l’infezione batterica che coinvolge i tessuti attorno all’impianto endosseo, e che, se non curata nello stadio iniziale, provoca una perdita di osso e una mobilità e perdita dell’impianto stesso. I sintomi della perimpiantite sono:
- gonfiore
- arrossamento
- sanguinamento gengivale
- dolenzia (in stadi avanzati) alla percussione, a causa del tessuto di granulazione che si è creato attorno alla vite implantare.
Le cause che portano alla perimplantite possono essere molteplici: fumo, carie, igiene orale, malattie sistemiche ( ad esempio il diabete, familiarità ecc.).
È molto importante riuscire a fare una diagnosi al primo stadio, quando la tasca gengivale attorno all’impianto non supera i 3-4 millimetri, perchè si può intervenire e decontaminare la zona e a fare una rigenerazione ossea. Quando, invece, la tasca supera i 5 mm (come nel caso successivo) spesso si ha la perdita dell’impianto anche utilizzando varie tecniche.
Nel maggio 2022 visito la Signora E.C., la quale presenta gonfiore in corrispondenza di un impianto in sede 36.
Eseguo la prima radiografia che evidenzia un notevole riassorbimento osseo, con tasca purulenta che supera i 5 mm. La signora decide di fare delle sedute di ricondizionamento cellulare frequenziale S.M.T. (Supra Molecular Techology) per vedere se si riesce a recuperare l’impianto compromesso.
25-03-2023
A seguire l’evoluzione del caso, mediante radiografie.
Prima radiografia, eseguita il 23-05-2023: si nota chiaramente un riassorbimento verticale e orizzontale dell’ osso. L’esame clinico evidenzia presenza di tasca purulenta attorno all’ impianto.
27-07-2022
Radiografia eseguita il 27-7-2022, dopo 2 sedute: si nota già un miglioramento, con iniziale rigenerazione ossea.
Sono state fatte altre sedute, ed è ancora più evidente la rigenerazione ossea, con scomparsa dell’ infiammazione gengivale e tasca ridotta, senza più fuoriuscita di essudato purulento.
27-10-2022
Radiografia del 27-10-22: l’osso è stato completamente rigenerato, perfetto.
Ho sottoposto successivamente l’impianto, tra l’ altro piuttosto corto, al carico con un provvisorio e, il 31-5-2023. ho eseguito un’altra radiografia, dove si evidenzia l’impianto con il suo moncone ( dopo sei mesi di carico).
Risultato
Più nessun problema: osso perfetto.
Nonostante sia il pilastro terminale di un ponte (quindi con un carico maggiore rispetto ad una corona singola), non si evidenziano riassorbimenti.
L’impianto verrà continuamente monitorato negli anni, con altre radiografie ed è nostra intenzione affiancare l’esperienza con ulteriore casistica, nella convinzione che questa tecnica rigenerativa sia destinata a rivoluzionare l’Implantologia dentale, con un impatto decisivo in termini di efficacia.